Pensieri dal Confinamento

Mi hanno detto che “lock down” si traduce così. Ho pensato che scrivere lock down, di questi tempi avrebbe provocato un rifiuto solo al sentire la parola, mentre “confinamento” penso che incuriosisca di più. E poi siamo italiani.

Già, ma quale confinamento? Semplice, quello di cui tutti si lamentano, chiusi in casa per i provvedimenti per arginare il diffondersi del virus. E chi non ha sentito parole come queste: “io, se continua così, impazzisco”, “chiuso in casa non ci so stare”, “mi viene la depressione”, “già devo prendere gli ansiolitici, figuriamoci adesso”.

Espressioni del genere ne ho sentite molte e tutto questo lamentarsi mi ha suggerito qualche considerazione che penso meriti di essere condivisa.

Mi viene in mente che nel passato, non tanto lontano, per lunghi periodi la gente era costretta a stare quanto più possibile in casa; per questo non importa scomodare la pandemia o altri eventi del genere ma semplicemente perché la stagione lo imponeva. Per questo è sufficiente ricordare che nell’inverno, la sera, al massimo si usciva per andare da qualche vicino, altrimenti si stava in casa propria insieme a tutta la famiglia. Non c’era la luce elettrica e le strade non erano illuminate. E attenzione, non c’era la televisione, (figuriamoci poi se ce n’era una per stanza come oggi in tante famiglie!), non c’era il computer, il telefonino ecc…

E allora, la gente come faceva? Impazzivano tutti? La storia ci dice che la realtà non era così deprimente, tutt’altro.

E per quanto tempo è durata? Non lo so. Sicuramente da quando l’uomo è comparso sulla terra e fino a pochi decenni addietro.

E cosa facevano, soprattutto nell’inverno quando fa buio presto e le notti sono lunghe? Bella domanda ma forse proprio qui sta la vera risposta a tutti gli interrogativi che possono venire in mente. Le persone parlavano, raccontavano, facevano tanti piccoli lavori che richiedevano tempo ma che servivano poi per la vita quotidiana. Nelle osterie si giocava a carte ecc… ma anche si raccontava si cantava. Li sono nati tanti poemi epici. E poi c’era anche chi leggeva, scriveva, suonava. Pensiamo a quante opere d’arte sono state create nei tempi passati.

Questo tempo, che a noi sembrerebbe vuoto, era invece “pieno, creativo, vissuto”.

Come mai questa differenza? Basta dire che noi siamo abituati a prendere, sfruttare, dipendere, guardare, ascoltare. Ci sono tanti prodotti ben confezionati: programmi, musiche, occasioni, stimoli, suggestioni, ecc… E quanta insoddisfazione! Su queste differenze potremmo parlare all’infinito. Chiudiamo invece il discorso e vediamo se proprio dalle differenze nasce qualche suggerimento.

Perché non sfruttiamo questo tempo, in cui ci “invitano” a stare in casa, per leggere, scrivere, dare sfogo alla nostra creatività. C’è chi diventa creativo nella cucina, nel cucito, nella pittura, nelle decorazioni, ci sono un’infinità di hobby tra cui possiamo scegliere. Chissà quante volte abbiamo detto “mi piacerebbe fare… ma non ho tempo”. Questo è proprio il momento.

E poi ci sono le relazioni. Genitori, figli, nonni, parenti, amici, vicini… ma se siamo costretti a stare in casa! Ma abbiamo tanti strumenti che nel passato neanche si immaginavano, usiamoli.

E qualcosa di un po’ più alto? Ci diciamo credenti e facilmente ci lamentiamo se non possiamo andare a Messa o se non possiamo partecipare alle abituali iniziative della comunità. Ma abbiamo a disposizione tutto il tempo che vogliamo per ascoltare e meditare la Parola di Dio, e poi per pregare leggere, approfondire. Alla radio e alla televisione ci sono infinite proposte di preghiera, di S. Messe; sfruttiamole.

In altra parte di questo foglio troviamo la proposta di un incontro sulla Parola di Dio per la nostra Unità Pastorale. Colleghiamoci e partecipiamo. Sarà l’occasione per sentirci parte di una comunità che ascolta e prega.

“Ma come si fa, non siamo abituati a queste cose!”. Chiedetelo a qualche ragazzino/a, vi aiuterà volentieri.

E’ vero, la situazione non è bella! Ma smettiamo di lamentarci! Auguro a tutti che il vostro tempo sia speso bene.

Don Carlo