Da un po’ di tempo (come fosse cosa nuova…) ci s’interroga sulla sensibilità vocazionale che la nostra comunità e ciascuno dei suoi componenti si trova ad avere. E’ vero, le attività e gli impegni sono tanti (ringraziamo Dio!), ma ci chiediamo: viviamo i ministeri che svolgiamo come una vera e propria vocazione? Che sia catechista, volontario delle diverse associazioni, appartenente a questo o a quel gruppo, sono consapevole che la mia vita è una risposta al Signore che mi ha chiamato? E così tutto quello che vivo è un «si» o meno, alle mie «piccole vocazioni», così come alla mia «grande vocazione». Non è per fare i catastrofisti: ma i catechisti ci sono … eppure potrebbero essere di più; la gente che si mette a disposizione per servizi pratici è troppo poca; i matrimoni cristiani che celebriamo si contano sulle dita delle mani (per carità oggi c’è forse più consapevolezza!); e i preti? Che a Porta a Lucca si sia «seccato il rubinetto»? Certo, queste sono solo provocazioni, ma le cose sono due: o il Signore non chiama, oppure noi non ascoltiamo! E sinceramente, pare più possibile la seconda!
Forse siamo chiamati intanto a chiederci se preghiamo. Portiamo davvero al Signore la nostra vita con i suoi successi, gli insuccessi e le persone che la abitano? Ci capita mai di fermarci anche solo due minuti, nel chiesino e fare un attimo di silenzio? Il Signore parla, ma se non ascoltiamo, lui continua a parlare e noi a vivere come se niente fosse! E’ nella preghiera, cioè nel dialogo con lui, che possiamo trovare le risposte alle nostre grandi domande. La nostra comunità è piena di «segni vocazionali»: c’è solo bisogno di curarli un po’.
Diverse sono le cose che potremmo fare, ma intanto, per ciò che riguarda la comunità tutta intera, abbiamo optato per due strade.
La prima. Ogni venerdì, alle Messe della mattina e della sera, ci rivolgeremo al Signore – durante la preghiera dei fedeli – con una particolare intenzione per le vocazioni: a 360° e in modo speciale per quelle in cui siamo più carenti, ossia quelle al sacerdozio.
La seconda. Da diversi anni la nostra diocesi vive l’iniziativa del «Monastero Invisibile». Si tratta della possibilità che ciascuno ha di prendersi un tempo di preghiera per le vocazioni. E’ un impegno che, come tale, chiede di essere rispettato. Non a caso si parla di un monastero, che però è anche invisibile: mentre io sto pregando, so che altri lo stanno facendo con me, magari anche a distanza. Per questo potrebbe essere bello anche comunicare in che momento mi dedicherò alla preghiera, pure per aiutarci a essere più responsabili nel pregare.
La Diocesi, nel Monastero Invisibile, mette a disposizione anche dei sussidi: per info rivolgersi a don Federico.
Chissà che, muovendosi tutti, aumenti la sensibilità vocazionale e … magari anche qualche risposta positiva al Signore!