Il Logo del Giubileo

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Ormai in diversi luoghi ci sarà capitato di vedere il logo del corrente Giubileo della Misericordia. Vale la pena, allora, spendere due parole sul suo significato.

L’autore è P. Ivan Rupnik, gesuita, teologo e celebre per i suoi mosaici: basti pensare alla cappella Redemptoris Mater in Vaticano, alla nuova chiesa di San Giovanni Rotondo, alla facciata del Santuario di Lourdes e a molti altri siti ancora.

Come sappiamo, l’aspetto cromatico è un elemento importante per una realizzazione artistica. Nel logo troviamo diversi colori: il rosso è quello del sangue, il blu richiama l’umanità nella sua capacità di aprirsi al divino, il bianco fa riferimento allo Spirito Santo, il verde è il colore della creazione e il nero la morte.

Due sono le figure presenti nell’immagine: Cristo e Adamo. Il primo solleva il secondo con l’atteggiamento di Gesù Buon Pastore che ha ritrovato la pecora smarrita e, con grande amore, se la carica sulle proprie spalle.

Ma l’immagine va ancora più a fondo: non basta dire che Gesù si prende cura di ciascuno di noi. E’ vero anche, infatti, che egli si fa uno di noi, scende nelle nostre profondità fino a condividere in tutto – eccetto il peccato (cf. Preghiera Eucaristica IV) – la nostra stessa vita. E questo è testimoniato dal dettaglio del gioco di sguardi: Cristo e Adamo fondono in uno i loro sguardi: un occhio dei due viene condiviso fino a diventare uno solo. E’ segno, questo, del fatto che Dio guarda il mondo così come lo guardiamo noi, sceglie di fare suoi tutti i nostri limiti, le nostre parzialità, il nostro modo di essere ma affinché l’uomo inizi a guardare come guarda Dio. E’ il misterioso scambio di doni a cui ha fatto riferimento l’orazione sulle offerte della Messa del giorno di Natale: «Per questo misterioso scambio di doni trasformaci nel Cristo tuo Figlio, che ha innalzato l’uomo accanto a te nella gloria».

Dietro a Cristo e Adamo si vede una croce nera contrastante con il bianco del primo. La morte è spezzata e, lo sfondo, a cerchi concentrici, si fa sempre più chiaro: il buio non esiste più e la luce dell’incarnazione e della resurrezione splende nel mondo.

Anche un altro particolare è interessante: Adamo non è propriamente dorato. Egli porta in sé ancora il verde dell’umanità che, nell’incontro con Cristo, vive un cammino di divinizzazione. Il primo uomo, allora, è in cammino verso la pienezza di una vita splendente ma non l’ha ancora raggiunta: da qui il suo colore dell’abito tendente al dorato ma non ancora brillante.

Il Risorto, poi, porta i segni delle ferite della crocifissione: tutta l’umanità, infatti, è abitata da ferite che, solo attraverso Cristo, possono trovare senso e significato nella tensione verso la resurrezione.

Tutto il logo, allora, è un invito a vivere lo stesso atteggiamento di misericordia che Dio vive con l’uomo. E’ un invito a vivere come ci chiede l’Apostolo Paolo: «Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto» (Rm 12, 15). E’ un invito a fare della misericordia il tratto distintivo della nostra vita.