Uno dei momenti più belli del rapporto con Dio è quello della Riconciliazione: ci mettiamo di fronte a lui con grande sincerità, riconosciamo il nostro peccato, riceviamo il suo perdono e possiamo ricominciare ancora meglio di prima.
Troppo spesso, però, la Confessione viene considerata come un sacramento «a due»: ci sono io e il Signore (con la mediazione del prete … ovviamente!). Eppure, questa visione delle cose non solo è riduttiva, ma anche propriamente incompleta. Per rendercene conto, basta riprendere l’immagine paolina della Chiesa come un unico corpo. Se tutte le membra sono tra loro legate, è chiaro che il bene che io opero, giova al bene dell’intero corpo. Ma, dato questo, è vero anche il contrario: nel momento in cui io compio il male – compreso anche quello più nascosto che magari nessuno mai potrebbe sapere – il danno che io arreco coinvolge tutta la Chiesa! Questo lo sperimentiamo tutti i giorni: se una parte del nostro corpo sta poco bene, siamo noi stessi a risentirne, a dire «mi sento male!». Sono io a stare male e non solo «il mio piede», «la mia testa», «il mio braccio».
Il sacramento della Confessione, pertanto, non solo mi riconcilia con Dio, ma anche con tutta la Chiesa, proprio per il mistero dell’essere un unico corpo. In questo senso, allora, è fondamentale il ruolo del prete. Quante volte ci capita di dire: «io mi confesso direttamente con Dio, non c’è bisogno di nessun altro». Ebbene, il ministro è proprio voluto dal Signore come particolare mediatore tra lui e gli uomini: è solo passando attraverso la riconciliazione sacramentale fatta col sacerdote che è possibile aprire la strada alla ricucitura dei rapporti anche con gli altri fratelli e sorelle lesi dal nostro peccato, anche se loro non lo sanno direttamente. Il ministro non è lì a titolo personale, ma su incarico e mandato della Chiesa stessa.
Se ci pensiamo bene, la stessa formula di assoluzione a un certo punto dice: «… ti conceda, mediante il ministero della Chiesa, il perdono e la pace». Ecco presenti i tre elementi: il ministero della Chiesa (legato al ruolo del ministro); il perdono (con Dio) e la pace (con tutta la Chiesa).
Il nostro essere comunità, allora, non solo è un grande dono, ma anche una grande responsabilità, in cui ciascuno è chiamato a prendersi cura delle persone che il Signore gli ha posto accanto nel cammino e a cercare il vero bene dell’altro.
Chiaramente, dopo il perdono ricevuto, occorre anche l’impegno a riguadagnarsi la fiducia perduta con l’offesa al prossimo: anche a lui, pertanto, dovremmo chiedere direttamente scusa e, molto spesso, rispettare i tempi per una riconciliazione che mai è meccanica e che richiede di far calmare le acque e lasciar scorrere ore, giorni, ma anche mesi e, purtroppo talvolta… anni!