“Come stai?… come va?… Tutto bene?”
Sono le parole più comuni che, in questi ultimi tempi, ci scambiamo ad ogni incontro. Ovvio, si dirà, è il saluto più comune, è il minimo dell’attenzione verso la persona. Vero, però sentiamo che dietro queste parole c’è un riferimento, un’allusione velata, anche se detta con tutto il rispetto e con le migliori intenzioni possibili: siamo angosciati per la situazione che stiamo attraversando e nella domanda cortese è sottintesa la preoccupazione, sia per noi che per il nostro interlocutore, che qualcosa non vada bene. Ci possono essere problemi di salute, mancanza di lavoro con le conseguenti difficoltà economiche, problemi per la difficoltà di movimento, in tante famiglie per i figli che non vanno a scuola. Inutile fare l’elenco, la situazione che stiamo attraversando è fin troppo chiara. I problemi e le difficoltà sono tanti, estremamente concreti, a volte drammatici.
Dopo oltre un anno di questa pandemia ormai è fin troppo evidente che dovremo sopportare ancora, e non sappiamo fino a quando!
Oltre tutti i problemi concreti e drammatici, ci sono altri aspetti che vanno oltre il saluto “come stai”. Lo sanno bene tante persone, soprattutto anziane, confinate loro malgrado in casa, lo sanno anche i giovani che smaniano di incontrarsi, muoversi, giocare, lo sanno anche i bambini che non ce la fanno a stare chiusi in casa.
Aspetti poco importanti? Non credo proprio, perché l’essere umano ha bisogno di relazione, ha bisogno di stare con gli altri. Ma se le relazioni vengono a mancare? Forse basta mangiare bene e passare il tempo davanti alla televisione? Deprimente!
E’ da parecchio tempo che faccio questa riflessione ma ho sempre avuto delle perplessità a parlarne perché è facile vedere il problema ma sarebbe opportuno anche offrire qualche soluzione ma… per il momento non ne vediamo!
Credo che tanti, come me, sentano che questa situazione è paradossale e assurda, davvero anomala perché noi abbiamo sempre parlato di comunità, finalizzando le nostre attività alla creazione e all’animazione di questa. Molti ricorderanno che in ogni occasione ripetevamo l’appello ad essere partecipi e disponibili perché la presenza e la collaborazione di ognuno sarebbe stata la ricchezza di tutti.
Devo riconoscere che è facile parlare del problema ma, come già detto e come spesso succede, difficile suggerire la soluzione. Ho scelto di proporre le mie riflessioni prima di tutto per far presente che abbiamo a cuore il problema e poi anche perché tanti si sentano confortati dal fatto che altri stanno sopportando lo stesso disagio. A conferma di questo faccio presente che diverse persone hanno telefonato affermando che lo hanno fatto solo per scambiare due parole, per colmare un momento di solitudine.
Non mi piace concludere con questa visione poco allegra perché, a mio parere, ci sono almeno due aspetti che si possono valutare in maniera diversa, primo: il disagio che stiamo provando ci fa capire quanto fosse importante la possibilità di incontrarci, di stare insieme e sentirsi parte di una comunità, secondo: l’esperienza del “digiuno” che stiamo vivendo ci farà guastare con piacere la possibilità non solo di ripartire con tutte le nostre attività (lavoro, scuola, ecc…) ma che potremo di nuovo incontrarci, stare insieme e sentire che la nostra comunità esiste ancora, che è pronta ad accoglierci, ovviamente sempre se abbiamo intenzione di essere presenti e pronti a collaborare.
Don Carlo