Omelia di don Severino Dianich

Giovedì 26 Dicembre 2024. Festa di S. Stefano

Vorremmo sapere qualcosa di più di quel poco (anche se moltissimo in valore) che gli Atti ci narrano del nostro diacono Stefano.

Quel che sappiamo è che faceva il volontario alla mensa dei poveri e ne divenne uno dei responsabili

Non era né un pescatore né un contadino. Faceva parte, infatti, a Gerusalemme di una comunità di ebrei provenienti dall’estero. Quasi certamente vi si parlava greco. Doveva essere un intellettuale, un ebreo buon conoscitore della storia del suo popolo. Sapeva parlare ed era dotato di una buona dialettica, capace di spirito polemico. Discussioni senza fine, si alzava la voce anche ogni tanto (probabilmente!): lui era cristiano e ci teneva a dirlo e, in sinagoga, si era fatto molti nemici. Ma doveva anche essere simpatico, accattivante nel parlare, e faceva proseliti in abbondanza. Motivi più che sufficienti per attirarsi addosso l’odio dei frequentanti della sua sinagoga e l’attenzione dell’autorità. La situazione sfocia alla fine nell’esito che ben conosciamo: la tradizione cristiana lo decorerà del titolo di primo martire cristiano.

Oggi la Chiesa ha bisogno di Stefano, di tanti Stefani, ha bisogno di noi che ci decidiamo a fare come Stefano, parlare di Gesù, raccontare la nostra fede in lui, inserirla nella storia del mondo, cioè nelle faccende che viviamo nella vita quotidiana del nostro tempo. Di non aver paura del martirio …, ma detto questo, noi non abbiamo che da vergognarci, perché noi non corriamo nessun rischio e non evangelizziamo; allora si rischiava la morte e si evangelizzava.

Come Stefano, ci impegniamo, chi in un modo chi nell’altro, per la mensa dei poveri. Se un cristiano non facesse nulla per la carità, se nulla donasse e mai si sacrificasse per aiutare gli altri, dovrebbe seriamente domandarsi se è o non è un cristiano. Ma oggi non basta. Nel nostro tempo, per quel che riguarda la fede dei nostri paesi, siamo più vicini ai tempi di Stefano che a quelli della nonna. Una volta qui da noi tutti, pii o meno erano cristiani. Non è più così perché dovunque ci sono persone di altra religione, cristiani che abbandonano la fede, bambini e giovani che non sono battezzati e non ricevono alcuna formazione alla fede. Se, quindi, noi cristiani non riprendiamo a fare come Stefano, la fede può scomparire dalla nostra Europa.

Bisogna che i cristiani riprendano a fare come Stefano, cioè a parlare a famigliari ed amici, colleghi e vicini di casa della bellezza della fede, a comunicare la speranza che ci viene da Dio, a ridire il giudizio che Gesù dava sulle situazioni e le cose della vita. Dar da mangiare alla mensa dei poveri e donare la proposta della fede a coloro che non hanno fede. Questo è stato Stefano, questo siamo chiamati ad essere oggi tutti noi.