Via Crucis: introduzione

Fin da bambino sono rimasto sempre affascinato dal mistero della “Passione di Cristo” in tutte le sue sfumature: i passaggi che descrivono i momenti salienti del percorso doloroso di Gesù fino alla morte in croce. La Via Crucis è sì un rito della Chiesa cattolica con cui si commemora il percorso doloroso di Gesù Cristo che si avvia alla crocifissione sul Golgota, ma rappresenta anche quel momento di intimità in cui ognuno di noi, soprattutto per chi è credente, riflette e si sofferma sulla sofferenza, sul desiderio del perdono che passa attraverso il gratuito sacrificio di Gesù sulla croce.

Due parole, sofferenza e sacrificio, che risuonavano come echi nella mia mente, ogni qualvolta si ripresentava il periodo precedente la Pasqua, con i riti della settimana Santa. Ad attirare la mia attenzione di bambino curioso, era sempre questo corpo di uomo mutilato, percosso che si offriva in silenzio al sacrificio, pur avendo paura come qualsiasi altro uomo, dubitando dell’amore del Padre, passando attraverso la condizione di abbandono, di solitudine che poi si trasformano in obbedienza alla volontà del Padre, all’accettazione di quello che sarebbe avvenuto, perché consapevole di non essere più solo, ma accompagnato nel suo percorso del dolore.

Un mistero che poi in un giorno di estate, all’età di 4 anni, mentre mio padre costruiva dei recinti per la campagna, con dei rotoli di fogli di ferro a griglia, io con lo stesso materiale, ho rappresentato, modellato e realizzato tutte le 14 stazioni, con la fantasia e le capacità di un bimbo piccolo, utilizzando gli stessi attrezzi sottratti a mio padre, durante il suo lavoro.

Oggi, quest’opera unica è custodita da mia madre che l’ha conservata per tutti questi anni, ricordandomi che fino all’età di 14/15 anni, non facevo altro che disegnare e realizzare figure che rappresentavano la crocifissione e la passione di Cristo.

Oggi ho 49 anni e nel mio percorso di vita, umana ed artistica, ho disegnato e dipinto spesso questo uomo misterioso, stimolato anche da rappresentazioni cinematografiche. Conservo ancora nel cuore un bellissimo ricordo del film “Gesù di Nazareth” – 1977 di Franco Zeffirelli, quando fu trasmesso per la prima volta su RAI 1. Mi colpì profondamente l’intensità dello sguardo dell’attore protagonista Robert Powell nei panni del “Cristo condannato a morte”.

 Avevo solo 4 anni, e ricordo con piacere di averlo visto tutti insieme: Mamma, Papà, i miei 2 fratelli e la nonna materna. Diventato adulto, sono poi rimasto impressionato anche dal film «Passion» (2004); la sofferenza di un uomo messa a nudo, senza veli, la semplice descrizione dettagliata del Vangelo, quasi ossessiva nella ricerca del particolare, della sofferenza di un uomo, come tanti altri, scelto per compiere un mistero più grande di lui e che poi ha stravolto le sorti del mondo, per chi è credente!

Viviano Elia